Quando si agisce cresce il coraggio;
quando si rimanda cresce la paura
Publilio Siro
I neuroscienziati ci dicono che la paura è una delle sei emozioni primarie (le altre sono gioia, rabbia, tristezza, sorpresa e disgusto).
Queste emozioni servono a generare automaticamente comportamenti funzionali alla nostra sopravvivenza e hanno la peculiarità di essere facilmente riconoscibili grazie alle espressioni che il nostro viso assume quando ci troviamo a viverle.
Vi sono poi le emozioni secondarie (o sociali) che sono più vicine alla nostra vita quotidiana. Le principali sono imbarazzo, gelosia, invidia, senso di colpa e vergogna.
Del resto raramente oggi ci troviamo ad affrontare problemi di mera sopravvivenza ma abbiamo bensì l’esigenza di far fronte ad ambienti sociali sempre più impegnativi e complessi.
Nel nostro mondo sociale e lavorativo la paura è connessa al rifiuto verso gli altri, al timore per l’ignoto, del nuovo, del cambiamento. Tutto questo viene amplificato da una cultura che incoraggia alla cautela, a discapito della curiosità e, quindi, della crescita.
Ne deriva che spesso la paura dell’ignoto è assimilabile al pericolo.
Conseguenza di tutto questo è l’accidia, ovvero l’avversione all’azione. Leggi nuovamente l’aforisma con cui si apre questo articolo e rifletti su come la paura di cui stiamo parlando induca alla paralisi.
In assenza di azione, il pensiero gira a vuoto e diventa un inutile dispendio di energia.
Decidere ha quindi senso solo se si è nella condizione di implementare la decisione, ossia di agire.
Puoi raggiungere il successo (quale che sia il significato che dai a questa parola) solo quando smetti di avere paura del fallimento.
Temere il proprio insuccesso rappresenta uno di più diffusi ostacoli al raggiungimento di qualsiasi obiettivo personale. Indicatori di questo atteggiamento sono la tendenza a lamentarsi, l’inerzia e il rimandare. E quasi sempre tutto ciò rappresenta una sorta di fuga dalla realtà.
Le persone che aspettano che tutte le condizioni siano perfette per agire, non agiscono.
Alla base di questo atteggiamento esiste quasi sempre un qualche alibi (quando accadrà che …. / se sono avessi / il fatto è che ….. / si ma / e se poi …… ecc ecc)
Ricorda che chi agisce alla fine festeggia, chi non agisce spiega.
Inoltre chi non agisce è, spesso, uno che critica: criticando ci si sente importanti a spese altrui. E’ anche così che il rimandare può diventare un modo per manipolare il prossimo.
Una variante della paura dell’insuccesso è il senso di colpa, il più inutile di tutti i comportamenti auto-limitanti.
Di tutti gli sprechi di energia emozionale è forse tra i maggiori anche se spesso non si riflette su quella sia la sua struttura:
- riguarda una cosa già successa
- non consente di gestire efficacemente e lucidamente i problemi
- paralizza
- moltiplica le probabilità di sbagliare ancora
- non aiuta
- non fa crescere
Ricorda che non estere problema che possa essere risolto dalle nostre paure.
Passiamo ora finalmente al coraggio, ovvero l’antidoto alla paura.
Il coraggio come qualsiasi altra risorsa può essere sviluppato, allenato e consolidato.
Il coraggio è la strategia di auto-miglioramento per eccellenza e si sviluppa in 4 direzioni:
- sviluppo di atteggiamento positivo (rientrano in esso l’essere responsabilità, l’orientamento ai risultati e la predisposizione ad apportare valore.
- auto-sottrazione al prevalere di atteggiamenti negativi
- disponibilità a migliorare le proprie prestazioni
- spirito di iniziativa (non restare in attesa ma anticipare gli eventi)
Anche solo per cambiare un’abitudine ci serve il coraggio che ci aiuta a uscire dalla confort zone, dalla nostra pigrizia, dall’agire senza impegno e senza seguire regole anche faticose.
Come i personaggi nel noto scritto di Pirandello, anche il coraggio è …. in cerca di autore.
Questo autore è l’imprenditore, il manager di impresa e chiunque vorrà praticare questi “coraggi”:
- FARE CONCORRENZA A SE STESSI: La prima forma di coraggio consiste nel rompere gli schemi rassicuranti che hanno funzionato in passato e che hanno quindi prodotto successo. Il cambiamento (nuovi eventi, sistemi, prodotti, approcci ecc) prima o poi arriva! E’ quindi fondamentale investire in pensiero critico-creativo che attiva la capacità trasformata.
- DARE L’ESEMPIO: la seconda forma di coraggio consiste nella forza di mettere in pratica il cambiamento. L’esempio è il prodotto della coerenza ed è uno dei fattori che più ispira le persone e alimenta la fiducia.
- CONSENTIRE L’ERRORE: Questa forma di coraggio è quello che permette alle persone coinvolte nei processi innovativi di sbagliare per poter arrivare alla definitiva proposta di innovazione. Del resto l’apprendimento è basato su prove ed errori così come la creatività è spesso la capacità di cogliere l’opportunità nell’errore. Senza errore non c’è innovazione! Se l’imprenditore o il manager non accettano l’errore le persone che collaborano con loro percepiscono la resistenza e risponderanno attivando le loro resistenze.
- LEGITTIMARE E INCENTIVARE: La quarta forma di coraggio consiste nell’attivare leve organizzative e relazionali per incentivare creatività e innovazione. In pratica: valutazione, formazione e riconoscimento!
- COLTIVARE BELLEZZA: Il coraggio della bellezza, ovvero mettere temporaneamente tra parentesi i criteri di funzionalità e utilità a favore di criteri estetici tipici del pensiero creativo. La bellezza è l’elemento fondamentale che muove il desiderio e l’entusiasmo, l’energia vitale e la voglia di fare della persona. Il manager che coltiva questo coraggio è solito domandarsi: come posso rendere questo processo aziendale più semplice, più lineare, più bello?
- VISIONE STRATEGICA: questa ulteriore forma di coraggio consiste nell’assumere una visione strategica di medio-lungo periodo. Questo consente di fare dell’impresa una palestra di ricerca di valore, un luogo che privilegia la diversità come opportunità per il singolo e per la collettività, attraendo e trattenendo i talenti. E’ il coraggio di valorizzare le capacità intellettuali, relazionali, emozionali e gestionali necessarie a produrre innovazione.
Concludo e vi saluto con un invito accorato a me stesso e a te che stai leggendo queste righe:
Non restiamo impantanati nelle paludi dell’incertezza,
impariamo a decidere e ad agire con coraggio.
Ricordiamoci che ogni giorno porta con sé opportunità,
per chi le sa riconoscere e le vuole cogliere.
Nota:
Recentemente ho avuto il piacere di imbattermi in una rivista digitale.
Il suo nome – “rivoluzione positiva” – mi ha da subito incuriosito.
Il sottotitolo poi mi ha decisamente conquistato:
SEMPLIFICARE: PENSA POCO, CAMBIA MOLTO.
Sento che in questa frase è racchiuso qualcosa di provocatorio, utile e importante.
Sono consapevole che verso la semplicità ho un pregiudizio positivo; non a caso più di dieci anni fa ai miei futuri soci ho proposto “SempliceMente” come nome per l’azienda di formazione e coaching che stavamo costituendo.
Ho voluto quindi guardarci dentro a questa rivista e ho continuato la lettura. E ho fatto bene!
Quello che hai letto in questo articolo è la mia rielaborazione di interessanti articoli di Fabrizio Favini (esperto di produttività aziendale e di innovazione e del comportamento) e di Raffaella Pederneschi (consulente di processi creativi e innovazione).
Se ti è piaciuto ti invito a seguire anche loro e la rivista rivoluzione positiva.